ARTICOLI In questa sezione, gli articoli si concentreranno su medicina narrativa, medical humanities ed etica della cura. Analizzando studi pubblicati su riviste scientifiche autorevoli, si tenterà di offrire un punto di partenza per un dialogo interdisciplinare che coinvolga tutti i professionisti della salute. L’obiettivo è contribuire alla costruzione di una pratica clinica più completa e personalizzata, che valorizzi sia l’efficacia degli interventi che la dimensione umana dell’esperienza di malattia
di Massimiliano Marinelli Centro Studi SIMeN 23 aprile 2025
Etica della cura e giustizia sociale
madri che chiedono asilo
Nel mondo attuale, segnato da crisi umanitarie globali e migrazioni forzate, emerge la necessità di ripensare i modelli di cura. L’articolo “Towards an ethics of compassionate care in accompanying human suffering: dialogic relationships and feminist activist scholarship with asylum-seeking mothers” di M. Emilia Bianco e M. Brinton Lykes, pubblicato nel Journal of Global Ethics, rappresenta un contributo a questo dibattito, proponendo un’etica della cura fondata su relazioni dialogiche e attivismo sociale.
L’articolo
L’articolo nasce da un progetto di ricerca-azione condotto a Boston, incentrato sull’accompagnamento di 17 madri provenienti dall’America Centrale, richiedenti asilo e giunte negli Stati Uniti tra il 2014 e il 2019. Il progetto si è sviluppato attraverso un’articolata metodologia qualitativa, che comprendeva interviste narrative semi-strutturate e la successiva analisi tematica e contenutistica dei dati raccolti. Le autrici hanno indagato le esperienze di maternage in contesti di migrazione e vulnerabilità, ponendo particolare attenzione ai traumi vissuti, alle strategie di resilienza messe in atto e ai significati attribuiti dalle partecipanti alle loro esperienze.
Inoltre, il progetto ha integrato un approccio interdisciplinare, avvalendosi della collaborazione con consulenti di salute mentale specializzati in traumi dei rifugiati e avvocati esperti in diritto dell’immigrazione per garantire un supporto etico e pratico durante l’intero processo di ricerca. L’approccio adottato si basa su una etica della cura, che integra elementi di compassione, empatia e responsabilità reciproca. Questa prospettiva non si limita a documentare la sofferenza, ma si traduce in interventi concreti per alleviare le disuguaglianze, costruendo una rete umanitaria per supportare i bisogni delle madri e promuovere i loro diritti all’asilo. L’articolo descrive otto “pratiche” che contribuiscono a un’etica della cura compassionevole per i ricercatori che lavorano con i migranti.
Eccone la sintesi:
1 Impegnarsi come studiosi attivisti in azioni locali per la solidarietà e la giustizia. Le autrici si sono posizionati come studiosi attivisti in un rapporto dialogico con le madri migranti. Hanno dato la priorità alla creazione di un’iniziativa umanitaria a livello locale e hanno utilizzato le loro capacità di ricerca e documentazione per sviluppare risorse a sostegno delle richieste di asilo delle donne. Hanno anche cercato di conoscere e documentare i loro bisogni per soddisfare i loro diritti socioeconomici e quelli dei loro figli, collegandoli ai servizi di assistenza sociale e di consulenza nella comunità. 2 Creare conoscenza e comprensione attraverso processi iterativi di azione e riflessione all’interno di relazioni dialogiche di prassi incarnata. I dati dell’indagine e le osservazioni sul campo sono stati raccolti durante la progettazione e l’attuazione dell’iniziativa umanitaria, il che è stato reso possibile grazie ai rapporti dialogici che gli autori stavano formando attraverso la prassi incarnata con i partecipanti. Significato e conoscenza sono stati creati all’interno delle relazioni dialogiche che si sono formate tra il ricercatore e ciascuna delle madri, mentre si impegnavano in diversi processi di azione e riflessione. 3 Camminare in compagnia degli altri. Le autrici hanno cercato di incarnare una prassi di ricerca informata dall’accompagnamento “psicosociale” e “reciproco”, inteso come “camminare in compagnia degli altri”, in particolare di coloro che sono stati emarginati, minorizzati e impoveriti. L’accompagnatore psicosociale non solo conduce ricerche per documentare e analizzare una situazione in cui i diritti sono violati e ne consegue la sofferenza, ma fornisce anche solidarietà, networking, assistenza sociale e sostegno a coloro che soffrono di tale situazione. 4 Agire come intermediari, collegando la conoscenza dal basso o dai margini alla conoscenza del mondo accademico per informare i quadri accademici e dei diritti umani che denunciano le ingiustizie sistemiche e propongono cambiamenti sociopolitici.
Le autrici si sono concentrate sulla bidirezionalità di tali processi, cercando anche di documentare le conoscenze co-costruite dai margini o dal basso verso l’alto, riconoscendo al contempo che gli intermediari locali che possono interpretare sia le lingue che i sistemi di conoscenza indigeni sono fondamentali per questo lavoro. 5 Deviare dai tradizionali percorsi accademici post-positivistici. Le autrici sostengono che questo tipo di ricerca è una forma di resistenza, in quanto si discosta dalla tradizionale traiettoria o percorso di ricerca accademico post-positivista. All’interno delle scienze sociali, i metodi positivisti o post-positivistici promuovono la distanza e il disimpegno emotivo dall'”oggetto” studiato, mentre questa ricerca propone di lavorare come sé relazionali, in stretti e premurosi rapporti dialogici con coloro che sono stati storicamente “alterizzati”, con i quali abbiamo camminato. 6 Impegnarsi in modo critico e riflessivo con le proprie posizioni e il proprio potere. Le autrici hanno documentato e affrontato in modo riflessivo la loro posizioni, analizzando criticamente come il loro genere, la loro etnia, la loro classe e altre identità ed esperienze di vita abbiano influenzato il modo in cui hanno avuto accesso al campo, come si sono relazionate con i partecipanti allo studio e come hanno costruito la conoscenza. 7 Utilizzare tutto l’essere come strumento di ricerca e portare la presenza al dolore e alle lotte degli altri. Essere testimoni dell’immensa sofferenza prodotta dalle crisi umanitarie ha richiesto alle autrici di entrare in campo lavorando come esseri integrali, in cui sia l’intelletto che il cuore, compresi tutti i sensi, le capacità, le identità e le esperienze di vita, erano presenti nei loro rapporti con i partecipanti. In quanto tali, i loro sé sono diventati lo strumento di ricerca attraverso il quale erano pienamente presenti alla sofferenza dei partecipanti allo studio, co-creando conoscenza attraverso profonde interazioni umane e costringendosi ad agire per il cambiamento. 8 Creare spazi relazionali per la guarigione e la trasformazione. La ricerca sulla sofferenza umana deve creare spazi per la guarigione e la trasformazione non solo nelle azioni intraprese, ma anche all’interno dei processi di ricerca.
Le interviste approfondite di questo progetto sono state spazi intimi in cui le madri richiedenti asilo hanno potuto raccontare le loro storie e dare un senso agli “orrori indicibili” che avevano subito, in interazione con un ascoltatore compassionevole.
Un breve commento.
L’articolo offre un contributo significativo al dibattito sull’etica della cura nella migrazione. L’etica della cura femminista enfatizza la solidarietà attiva, la giustizia e la trasformazione della società. La medicina narrativa è egualmente attenta alle ineguaglianze e vi si collega attraverso il riconoscimento della particolarità delle storie personali e la partecipazione al vissuto del paziente. Pur essendo due ambiti distinti, si ritiene che entrambi riconoscano l’esigenza di una pratica della cura più equa e personalizzata. E’ nella cifra di una tale esigenza che le “pratiche” descritte dalle ricercatrici possono servire da riflessione e da stimolo per la medicina narrativa.
- Orientare la comunicazione verso la persona attraverso una relazione dialogica si allinea perfettamente con l’utilizzo della narrazione per creare significato all’interno della relazione medico-paziente. Le autrici hanno cercato di conoscere e documentare i bisogni delle madri per soddisfare i loro diritti socioeconomici e quelli dei loro figli, collegandoli ai servizi di assistenza sociale e di consulenza nella comunità. Per ottenere questo risultato è stato necessario un approccio narrativo tipico della medicina narrativa capace di determinare il bisogno tramite l’ascolto attivo e la ricezione attenta della storia;
- camminare in compagnia degli altri: L’accompagnamento psicosociale suggerito dalle autrici riflette l’idea di solidarietà incarnata e partecipativa che la medicina narrativa propone attraverso il suo approccio. Un camminare insieme che non solo costruisce un ponte umano, ma si traduce in supporto concreto e una cura orientata alla persona. Si collega perfettamente al significato di quella connessione che rappresenta il terzo movimento proposto da Rita Charon, rafforzando il legame tra chi cura e chi è curato;
- collegare la conoscenza dal basso: La narrazione individuale è fondamentale per comprendere le specificità di ogni paziente, guidando decisioni cliniche più eque. Come sottolinea Rita Charon, “la narrazione cattura l’unicità di ogni storia”, fornendo una guida personalizzata alle scelte terapeutiche. Si tratta di un forte richiamo ad una decisione saggia (phronesis) che non si basa solo nell’applicazione dall’alto in basso dei principi normativi della giustizia, ma umilmente, parte dal basso della situazione, in modo che talvolta l’equità prevalga e corregga l’imparzialità della giustizia.
- Creare spazi relazionali: “gli spazi intimi in cui le madri richiedenti asilo hanno potuto raccontare le loro storie e dare un senso agli “orrori indicibili” che avevano subito, in interazione con un ascoltatore compassionevole”, richiamano direttamente a quella metafora della radura di Rita Charon – uno spazio sicuro dove le storie possono emergere – che definisce la MN come luogo e che, attraverso il reciproco riconoscimento, può promuovere una cura trasformativa e partecipativa.
Conclusioni
L’etica della cura femminista, come presentata dalle autrici, arricchisce il dibattito sulla cura orientata alla persona. Essa richiama l’importanza della relazione dialogica, della solidarietà e dell’ascolto delle storie di vulnerabilità, principi che si integrano profondamente con le pratiche della medicina narrativa. Si ringraziano le autrici per il loro prezioso contributo, che ispira a ripensare il significato della cura in un contesto di sofferenza umana condivisa.
Bibliografia
Bianco, M. E., & Lykes, M. B. (2023). Towards an ethics of compassionate care in accompanying human suffering: Dialogic relationships and feminist activist scholarship with asylum-seeking mothers. Journal of Global Ethics, 19(2), 150-169. open access
Charon R., (2006) Narrative Medicine, honoring the stories of illness, Oxford University Press, (trad it) ( 2019), Medicina Narrativa: onorare le storie dei pazienti, Raffaello Cortina Editori.
Marinelli, M. (2015). Trattare le malattie curare le persone: Idee per una medicina narrativa. FrancoAngeli.
se vuoi, puoi ascoltare l’articolo